LASCIATELA IN PACE
Gli affamati appartengono a quella specie di uomo che di solito vive nelle grandi città. In alcuni periodi dell’anno questa specie si sposta dalle pianure e risale le montagne.
Generalmente in estate, ma in caso di bel tempo anche in autunno, si possono osservare gruppi famigliari di questo tipo di uomo che partono dalle città con le loro potenti auto. Dopo un breve viaggio giungono sulle pendici delle montagne e, appena intravedono un posto per parcheggiare senza intralciare il traffico, si fermano e mangiano. Non importa se un’ora prima hanno fatto una colazione mostruosa, quando si arriva in montagna bisogna mangiare. Allora si vedono auto, posteggiate appena fuori dell’asfalto, con i bagagliai aperti e con i cofani imbanditi con ogni sorta di cibi e bevande.
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Fra di essi si distinguono gli sportivi, esclusivamente maschi, sono quelli che si appartano, si siedono in auto al posto di guida e con la radio a tutto volume non perdono mai una partita. Il loro volto è sempre molto serio e il loro sguardo assente, non partecipano mai alla compagnia degli altri e ignorano completamente le bellezze della natura che li circonda, il calcio è la loro vita. Mentre ascoltano la voce roca del cronista sportivo, nella loro mente elaborano i velenosi commenti da rifilare agli avversari che tengono all’altra squadra. Per loro lo sport che fanno gli altri è sacro, il vivace scambio di battute fra le diverse tifoserie, che si consuma davanti al cappuccino del lunedì, li entusiasma fuori misura.
A volte qualcuno degli affamati mi vede da lontano e mi chiama, gridando a squarciagola mi chiede di avvicinarmi. Io sono al servizio della comunità e quindi obbedisco. Quando sono a circa venti metri, fra le risatine e commenti vari, il capo branco, anch’esso quasi sempre maschio, mi dice: “Mi hanno assicurato che in questi posti ci sono caprioli e marmotte, come mai non riusciamo a vederli?”. Dopo uno scambio di battute amichevoli, spiego anche i motivi per i quali i caprioli non amano il calcio, gli schiamazzi e l’odore delle creme abbronzanti delle signore. Prima di andarmene raccomando sempre di non lasciare rifiuti per terra. Ormai quasi tutti, compresi gli affamati, sanno già queste cose e non lasciano rifiuti. Tuttavia, non di rado, mi è capitato che qualcuno mi ha preso alla lettera e il giorno dopo, quando sono passato di nuovo nella zona, di fatto non c’erano rifiuti per terra, ma erano tutti confezionati in graziose borsette di plastica e appesi agli alberi in bella mostra.
Un’altra specie che sono riuscito a classificare in lunghi anni di esperienza sul campo sono i micofagi. Si tratta di persone che non possono mangiare altro che funghi, a giudicare dalle quantità industriali che raccolgono, suppongo che mettano funghi nel cappuccino, nella pasta, nella minestra, sulle bistecche, nel caffè, nella macedonia, e nei dolci.
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C’è in fine un’altra specie che mi piacerebbe descrivere e cioè i rapinatori della montagna. In questa categoria rientrano in parti uguali entrambi i sessi. Questi individui non ce la fanno a circolare in mezzo alla natura senza portare a casa niente. Tutto quello che potrebbe avere qualche utilità se lo prendono. Portano a casa di tutto: fiori recisi, quasi sempre destinati a seccarsi sui cruscotti delle auto; bulbi di fiori per i giardini che poi regolarmente non superano il trapianto per cause climatiche e stagionali, alberi di natale che finiscono soffocati nel caldo degli appartamenti; sassi per i muretti dei giardini rocciosi; legna da ardere per i caminetti, funghi, licheni, lumache, muschi, felci, verdure varie, piante medicinali o supposte tali; perfino la terra per i vasi si portano a casa. L’ultima moda è quella del bonsai. I rapinatori strappano piante di faggio o di mugo che sono nate nelle fessure delle rocce per trapiantar le in vaso; questi alberelli molto vecchi e bellissimi da vedere, che sono resistiti per anni alle in temperie, alla scarsità di nutrimento, alla siccità e ai venti, non sopportano questo ulteriore e inutile insulto e quasi sempre muoiono. Purtroppo, molti appassionati dell’arte bonsai non hanno capito che si tratta appunto di un’arte, di una filosofia orientale e non di possedere una pianta eccezionale rapita alla natura da esibire alle mostre.
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Anche gli ammazzatutto meritano un cenno, sono quelli che girano per i sentieri armati di bastone e che per istinto ammazzano qualsiasi essere che si muove. Le loro prede preferite sono quelle che strisciano perché anche le vipere strisciano, quindi quando l’erba si muove giù bastonate. Poi si accorgono di aver ucciso un ramarro, una lucertola oppure qualche altro rettile innocuo. Dicono che lo fanno per la salute pubblica, per evitare che qualcuno venga morso, ma loro le vipere non le conoscono. Infatti, decine di volte mi è capitato di incontrare sul sentiero questi fanatici che, con un rettile morto sul bastone, scendevano a valle per mostrare a tutti il pericolosissimo ani male che avevano ucciso. Qualcuno si è pure arrabbiato, e mi ha dato dell’incompetente, quando gli ho detto che la sua preda non era una vipera, ma che si trattava di un orbettino, di una coronella austriaca o di un biacco, tutti rettili assoluta mente innocui.
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Tornando agli ammazzatutto, neppure i marmocchi di questa specie hanno un minimo di educazione ambientale: le bambine raccolgono graziosi mazzolini di fiori protetti per far contenta la mamma oppure estirpano i bulbi dei ciclamini; mentre i maschi sfogano le loro frustrazioni, per le battaglie perse al computer, sui piccoli animali che incontrano, cos’i uccidono i rospi e le rane nelle pozze d’alpeggio, ammazzano le farfalle, oppure vanno a frugare con il bastone nelle tane delle marmotte, mentre il papà cerca di agevolare l’operazione spostando le pietre dall’entrata della tana. Quando mi capita di osservare questi atteggiamenti m’in... come una bestia e mi avvicino a questi signori per richiamarli all’ordine, ma spesso mi becco una brutta risposta o addirittura qualche insulto: “Ma che cosa crede? Guardi che noi lavoriamo tutta la settimana, non andiamo mica a spasso come lei, dobbiamo pure sfogarci in qualche modo, anche i bambini hanno diritto di essere liberi di fare quello che vogliono una volta tanto”.
La gente vuole avere, non si accontenta di guardare, di apprezzare. Mi vengono in mente i fiori protetti, per esempio. Sul Monte Pasubio, c’è un sentiero chiamato delle cinquantadue gallerie, è un percorso costruito durante la guerra e taglia letteralmente le rocce, salendo a zig zag in mezzo alle guglie. Ebbene, la zona è ricca di fiori protetti, come le stelle alpine e i raponzoli di roccia, ma dove arrivano le mani dei turisti, e i loro bastoni, non ne trovi uno nemmeno a sognarlo. Appena ci si allontana dal sentiero, arrampicandosi un po’, si trovano dei veri e propri giardini coloratissimi, ricchi di specie bellissime, ma dove non li vede nessuno, è solo per questo che si salvano, perché sono irraggiungibili dalla gente comune, per fortuna.
Forse non è per colpa loro, ma molte persone non hanno ancora capito che la montagna può dare molto di più di quello che si riesce ad ammazzare o a caricare nel bagagliaio della macchina. I nostri occhi, l’udito, le nostre narici, possono fare il pieno di immagini suoni e profumi, la montagna ci può arricchire di momenti da vivere anche più tardi, da ricordare.
Spero che anche queste specie si evolvano e lascino in pace la montagna.